Cartoline dalla Vetrina della giovane danza d’autore. Primo giorno

foto di Emma Graziani

That’s all! di e con Davide Tagliavini

È un incontro di boxe con il proprio Sé, quello che inscena in That’s all! Davide Tagliavini? A giudicare dalla mise sembrerebbe di sì: i tipici pantaloncini da pugile in triacetato bianco e rosso, orlati con un nastro di pizzo nero e abbinati a calze bianche al ginocchio in stile Luigi XVI, ornate anch’esse con il medesimo san gallo, ma bianco. Un incontro di boxe internazionale, con intento ironico e commentato live dal suo autore-interprete in inglese e in francese, mentre comincia di schiena assecondando il flusso delle mani e delle braccia, si esibisce in siparietti di danza accademica o si slancia nello spazio con movimenti più sinuosi. Tra il racconto della sua giornata e un tuffo sul pavimento, scanditi dalla constatazione ripetuta «Queste sono le mie braccia. These are my arms and that’s all», si incammina verso la parete posteriore priva del fondale delle Artificerie Almagià e nel decrescere della conta tipica delle lezioni di danza (cinque, sei, sette, otto…) si arresta, dando le spalle al pubblico, così come aveva cominciato.

Dive di Nanouk

È meravigliosa la vista sul giardino dal balcone al primo piano del Museo d’arte della città di Ravenna, dove i due performer Marianna Basso e Daniel Tosseghini aspettano immobili. Lei, minuta ed esplosiva, sembra fatta dello stesso marmo del balcone, di materia inanimata che prende vita; lui invece è già umano, ma incosciente e sordo, inespressivo di fronte alle contorsioni di lei. Quando poi lui tira fuori una sigaretta, tutto il resto viene meno. Tra loro inizia un tira e molla per impossessarsi di quella sigaretta, metafora della manipolazione che attraversa tutta la performance, e un gioco di sguardi azzurrissimi.

RMX di Pietro Angelini

RMX di Pietro Angelini è ambientato in un paesaggio sonoro completamente bucolico, bianco e privo di qualsiasi elemento scenico, popolato dal suono di moltissimi uccelli in un bel mix di versi e suoni. Due soggetti adamitici attraversano lo spazio camminando secondo linee rette, soffermandosi ogni tanto a scrutare una foresta immaginifica. Unico cibo di cui si nutrono, dopo averlo cercato e scoperto tra la vegetazione, sono delle mele raccolte da terra. Una volta assaggiate, il mondo attorno diventa un caleidoscopio di colori che transita i due protagonisti in una realtà virtuale attraverso l’apparizione di due smartphone e abiti del loro tempo. Quasi a ribadire che l’uso dei dispositivi azzera il confine tra ciò che è reale e ciò che non lo è.

Graziosissimo di Laura Gazzani

Sembra quasi il volo migratorio degli uccelli, con quelle frange colorate sotto le braccia, quel port de bras ripetuto e ostinato. La formazione a stormo che attraversa quattro paesaggi di luci calde e fredde, un volo costante tra sonorità opposte.

SUPERSTELLA di Vittorio Pagani

Il livello di energia impiegato da Vittorio Pagani è sicuramente assimilabile alla detonazione che determina la nascita di una stella; anzi una SUPERSTELLA, come titola il suo assolo di quaranta minuti andato in scena al Teatro Rasi. Il performer si esibisce durante tutto il corso dello spettacolo in una danza interattiva e in corso d’opera, interagendo con una voce fuori campo che, una volta stabilite le regole del gioco e i mezzi a disposizione – video, musiche, costumi, oggetti –, lo indirizza sulla formalizzazione e la qualità di movimento di possibili pièce ballate da mettere in scena. La struttura è a capitoli: la danza lineare in abiti sportivi è seguita da uno show genderfluid, dove la gonna nera e la camicia aperta indossate da Pagani sono protagoniste scattose e convulse di una danza sotto l’occhio di bue. Un elenco di varie possibilità una dietro l’altra, che terminano con la scena svuotata di tutti gli oggetti dal danzatore, il quale ora sosta seduto sul lato destro del proscenio: scrive una commovente lettera a se stesso per ricordarsi di non smettere mai di sperimentare.

foto di Emma Graziani; testi a cura di Matteo Merogno, Ausilia Palmiteri, Matteo Rossini