Sguardi tra le fessure. “Boxes” di UnterWasser

UnterWasser, “Boxes” (foto di Emma Graziani)

Boxes è un progetto ideato e realizzato dalla compagnia UnterWasser (Valeria Bianchi, Aurora Buzzetti e Giulia Decano, con la partecipazione di Francesco Capponi per la parte software), presentato alle Artificerie Almagià di Ravenna nell’ambito di Ammutinamenti Festival. In una stanza in penombra, quattro scatole prendono vita attraverso un meccanismo artigianale. Ogni box è pensato per un’esperienza individuale o condivisa, guidata da un artista e accompagnata da un paio di cuffie.

L’atmosfera è intima. Le luci soffuse, il silenzio complice e davanti a noi quattro scatole. Tre di queste sono pensate per una sola persona alla volta e vi si guarda all’interno attraverso una fessura, stretta come lo spioncino di una porta, come un bambino che sbircia curioso.

In quella che una performer ci dice essere “la cassettiera di nonna”, attraverso un gioco di calamite, oggetti antichi prendono vita e raccontano piccole storie. Il metro che insegue il ditale, il filo rosso che si innamora perdutamente del filo verde e una caramella Rossana che si smarrisce tra i cassetti. Il tutto è accompagnato da un sottofondo musicale retrò che porta in mondo nostalgico, anche se non si è vissuti in quell’epoca. Ma grazie a questa opera, è facile immedesimarsi in quel mondo in bianco nero dove gli oggetti sussurrano ricordi.

UnterWasser, “Boxes” (foto di Emma Graziani)

Un’altra scatola è quella “degli specchi”, dove si spia da un foro a forma piramidale i cui interni sono completamente rivestiti di specchi. L’artista, giocando con luci e ombre, crea scene mozzafiato partendo dal fare figure con le mani fino all’usare foglie che sembrano contorcersi, e infine movimenti astratti di fogli colorati e colori ad acqua. Il tutto è armonizzato da una musica calma, che evoca paesaggi aperti e lontani come un locus amoenus

La terza scatola è forse la più toccante e racconta una storia già scritta, che lo spettatore deve solo ascoltare. La voce è quella di una bambina che si interroga sulla vita: “Perché il limone è giallo?”, “Cos’è l’entusiasmo?”, “Che cos’è adesso?”. A queste domande risponde una voce adulta, che le offre piccoli spunti di riflessione: “Adesso è il tempo di farsi spuntare le ali”. Viene facile immedesimarsi in quella bambina piena di domande e in cerca di risposte dalla sua figura di riferimento. Per questa scatola gli artisti adottano la tecnica del teatro kamishibai, usando immagini del proprio passato ritagliate e incollate su bastoncini che spostano a destra e sinistra seguendo il filo della storia. Questo artificio contribuisce molto alla facilità di immedesimarsi nella storia.

Infine, la quarta scatola è pensata per due persone. Una ha il compito di premere pulsanti e alzare leve, eseguendo i comandi che arrivano dalla cuffia, mentre l’altra osserva. Chi aziona i comandi guarda l’altra persona sorridere in risposta a ciò che accade, ma non ha idea del perché stia ridendo. La vera comprensione arrivava solo quando i ruoli si invertono: chi prima osservava ora prende in mano i comandi, mentre un terzo viene fatto sedere come spettatore. Solo in questo momento si scopre che in mezzo c’è una pellicola trasparente, visibile solo da chi non aziona le leve, su cui scorrono delle immagini registrate. Alcune persone in miniatura vengono soffiate, schiacciate o spostate in base ai pulsanti e alle leve azionate dall’altro partecipante. Si genera così un meccanismo di causa ed effetto, un gioco silenzioso ma coinvolgente, che riporta alla mente la meraviglia e la curiosità dei giochi d’infanzia di una volta. 

L’intera esperienza di Boxes è un tuffo nel passato. Nessuna tecnologia moderna, solo oggetti quasi dimenticati, immagini d’infanzia e ricordi sbiaditi che tornano a prendere vita. È come se l’artista ci stia invitando a far parte del suo mondo, condividendo con lo spettatore dei frammenti della sua intimità, con la naturalezza di chi apre un cassetto e lascia che qualcun altro ci sbirci dentro.

Adriana Nasti