
Kamikaze – spero vada meglio dell’ultima volta
◎ ANTEPRIMA ◎
in collaborazione con la rassegna Ra-dici
di e con Giulio Santolini
dramaturg Lorenza Guerrini
sound & light designer live Daniele Boccardi
produzione La Corte Ospitale
con il sostegno di Ministero della Cultura, Regione Emilia-Romagna
residenze artistiche Attodue, Fabbrica Europa/PARC
si ringrazia CollettivO CineticO, Simone Arganini, Stefano Tumicelli, Fabio Novembrini
durata 60 minuti
“Auguro a questa tragedia un pubblico migliore, più rozzo, più immediatamente sincero, più vicino a godere e soffrire, un pubblico popolare”
Antonio Gramsci l’Avanti 14 novembre1920
Fin dalla sua nascita il teatro ha avuto bisogno di almeno due elementi per esistere: l’attore e lo spettatore. Se inizialmente il confine tra i due ruoli era sfumato, un mondo in cui i rituali collettivi sfociavano nelle rappresentazioni, in cui la città si riuniva e tutti contribuivano alla fruizione del mito, con il passare degli anni e dei secoli la distanza si è fatta sempre più netta.
Le abilità richieste per eseguire una partitura sono diventate sempre più complesse, è stata necessaria una separazione e il pubblico ha iniziato ad esigere qualcosa. Più la società si raffinava e più gli spettatori si abituavano a sedere e a ricevere più silenziosamente ciò che il performer aveva da offrire.
Se al tempo dei Duchi di Mantova un attore non gradito poteva rischiare la morte, se durante le prime recite di Molière il pubblico poteva liberamente abbandonarsi a un piacevole amplesso per scacciare gli sbadigli o persino innescare una rivoluzione, oggi il teatro e gli spettatori si sono fatti più educati, rispettosi, forse meno pericolosi. Cosa è cambiato? Qual è il rapporto che lega una performance alla sua platea? Cosa succederebbe oggi se il pubblico avesse l’opportunità di esprimere un giudizio nell’immediato, di condannare e punire un attore che non soddisfa il suo gusto?
In KAMIKAZE – spero vada meglio dell’ultima volta – il patto sarà sancito fin dall’inizio con un prologo che romperà fin da subito ogni barriera, fornendo un manuale di istruzioni per accedere al dispositivo.
Seguiranno una serie di round in cui Giulio Santolini, insieme all’aiuto del tecnico in scena con lui, sfideranno il gusto, la morale e la noia creando brevi performance che verranno giudicate e valutate immediatamente dalla platea.
Gli spettatori saranno chiamati a seguire l’istinto e dare la loro sentenza.
Al termine di ogni performance ci sarà una votazione: se la maggioranza degli spettatori sarà soddisfatta, al performer verrà dato un premio, se sarà delusa, una punizione.
Finita l’esecuzione, si passerà a un nuovo round, una nuova creazione, una nuova sentenza, un nuovo premio/punizione e così via.
Quanto è importante la costruzione di un’esperienza orientata al compiacimento del pubblico? Qual è il confine fra cultura e intrattenimento? Cosa ci racconta della nostra società?
La pratica dell’arte può opporsi alle rappresentazioni manipolative e offrire un modello di libertà: un modello non governato da pretese di correttezza, in cui sospendere l’incredulità decostruendo gli stereotipi, facendo esperienza di ribaltamento e anarchia.
KAMIKAZE – spero vada meglio dell’ultima volta – è uno spettacolo che vuole fare comunità abitando senza sovrastrutture una piccola Agorà dove poter dare valore all’esperienza dello sguardo e del giudizio.
Un dispositivo ludico e spietato.
Un manuale di istruzioni per praticare il disordine e innescare un ribaltamento di ruoli.
Una riflessione sul rapporto tra cultura e intrattenimento, tra compiacimento e prodotto artistico.
Un gioco alla ricerca della bellezza nell’errore.
Cosa significa davvero “fallimento”? Ciò che per qualcuno è sbagliato, per qualcun altro può essere affascinante, sorprendente, persino meraviglioso.
Quel’è il significato della parola successo? Chi stabilisce cosa è bello, cosa è arte e cosa, invece, è solo spazzatura? Possiamo cambiare punto di vista? Possiamo smettere, anche solo per un momento, di preoccuparci di cosa penseranno gli altri?
ph. Stella Capelli