Questo è il mio corpo (un’altra Ofelia)
di e con Giada Vailati e Francesco Sacco
musica di Francesco Sacco
produzione Cult of Magic
con il supporto di Tagli, Museo Novecento di Firenze
durata 20 minuti
Questo è il mio corpo (un’altra Ofelia) nasce da un percorso di ricerca attorno al personaggio di Ofelia, la cui vita e morte raccontano un particolare rapporto con il possesso del corpo, destinato al sacrificio per l’espiazione di peccati altrui. Il suo corpo, come quello di ogni altra ragazza della sua epoca, appartiene al padre, in attesa della scelta di un marito, al quale passerà in consegna. La frizione fra la prospettiva di Ofelia e il mondo circostante crea una sorta di predestinazione investendo la sua morte di un aspetto sacrificale che avvicina il personaggio alla figura di Cristo: la purezza espressa in un mondo contaminato (dai peccati degli uomini o dal “marcio in Danimarca”) fa perdere ad entrambi il possesso del corpo, che da proprietà del padre (biologico per Ofelia, celeste per Cristo) si fa agnello sacrificale, divenendo pubblico. La dimensione dell’abbandono del corpo viene suggerita dallo stesso Amleto, che consiglia ad Ofelia il convento per evitare di mettere al mondo altri peccatori e le chiede di ricordarlo nelle sue preghiere.*
La proprietà dei nostri corpi in relazione ad una dimensione etica, talvolta sacrificale, è all’ordine del giorno: i nostri corpi ci appartengono? Questo è il mio corpo (un’altra Ofelia) mette in scena un rituale di riappropriazione attraverso la perdita: movimento e suono si concentrano sulla ripetizione, creando un loop in cui da soggetto agente il corpo diventa agito. Il corpo perde volontà e intenzione e inizia ad esistere solo all’interno della gabbia del movimento ricorsivo, destinato a ripetersi in un ciclo potenzialmente eterno. Il movimento nasce da passi semplici ripetuti con dinamica crescente, giocato su un loop che è contemporaneamente costrizione e liberazione, perdita del controllo del corpo e riappropriazione, raggiungimento del limite di sopportazione fisica e superamento.
Sono conciliabili l’ottica del sacrificio e l’exemplum cristiano con un umanesimo del corpo? Viviamo ancora situazioni un cui corpo e virtù possono confliggere? I nostri corpi ci appartengono?
ph. Lucrezia Testa Iannilli